DICHIARAZIONE DELL’ASSOCIAZIONE FRA EX CONSIGLIERI REGIONALI
SULLE PROBLEMATICHE DEL LAVORO GIOVANILE.
Sappiamo tutti quanto sia grave la condizione attuale dei nostri giovani, donne o uomini, diplomati o laureati, in cerca di prima occupazione, di un lavoro che abbia le caratteristiche simili, se non uguali, a quelle del tempo indeterminato.
Sappiamo anche quanto siano non vere le statistiche che li contano, rapportandole a percentuali non credibili per difetto, rispetto ai numeri che vengono offerti alla nostra attenzione. Sappiamo anche che per la nostra terra il problema ha raggiunto livelli di ingovernabilità. Sappiamo, infine, che in un tempo di crisi profonda, di dimensione planetaria, dalla quale sia l’Italia che ancor di più la Calabria stentano a venirne fuori, non avrebbe senso, né ragione, la pretesa del “tutto e subito”.
Ma proprio perché non è possibile né praticabile il “tutto e subito”, ragione e buon senso esortano a ricercare “sul terreno del fare”, da parte delle Istituzioni, “qui ed ora”, anche soluzioni transitorie, purchè abbiano una direzione di marcia che eviti il ripetersi di esperienze puramente assistenziali, presenti nella storia dei quarant’anni di vita della Regione.
La scelta del governo regionale di mobilitare risorse del POR Calabria 2007-2013 per favorire l’occupazione giovanile nel settore privato, a tempo determinato in maniera certa unita alla speranza che essa trovi un seguito nella trasformazione, dopo 5 anni, in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, considerando i nostri “tempi di guerra” e la gravità della crisi di lavoro, non è peregrina; possiamo anche dire, cosa che non diremmo, per comprensibili ragioni, in tempi ordinari, “si può e si deve fare”.
Il tentativo si fonda tutto sul dovere dal versante di chi governa, di fare il possibile per alleviare la gravità della piaga dei “senza lavoro”, in assenza di altro, e per altro verso si giustifica scommettendo sulla capacità del sistema produttivo calabrese di generare occupazione. Ma sappiamo tutti che, per accreditare questa legittima aspettativa, occorrono due aggiustamenti che è possibile introdurre in corso d’opera:
• la prima è che la Regione non dovrebbe chiedere all’imprenditoria privata in maniera indistinta di generare lavoro, ma concertare, assieme al sistema sociale, dove collocare l’intervento a sostegno dell’occupazione, selezionando i settori nei quali, a ragion veduta, siano possibili, manifesti, e supportabili ampliamenti della capacità produttiva, possibilmente, ma non esclusivamente, riferiti alle imprese che producono per esportare;
• la seconda è che l’impresa individuata come beneficiaria dell’intervento si impegni a prolungare sicuramente il rapporto di lavoro, oltre i 5 anni iniziali, e per un tempo da concordare in partenza, di chi viene assunto con incentivo pubblico, utilizzando le risorse del POR. Questa “clausola di reciprocità”, che significa corresponsabilità ed impegno sinergico, dal versante del lavoratore avrebbe il pregio di fissare un tempo di lavoro più consistente, tale che gli possa offrire opportunità di miglior governo del suo futuro. Non solo. L’intera Calabria, a partire dalle sue Istituzioni e dalla sua classe dirigente, avrebbe maggiori possibilità e tempo, se rinsavisce, di fare qualche passo avanti e guadagnare il tanto ritardo accumulato, rispetto al resto del Paese.
Un piano per il lavoro, che abbia la pretesa di occupare 5000 giovani in un così breve tempo, queste cautele potrebbe usarle e dovrebbe osarle.
Ma c‘è un altro problema sul tappeto, della stessa natura, anche se non analogo, che meriterebbe, proprio perché interessa ben 350 giovani, i c.d. “stagisti”, che in questo momento val la pena di considerare, al fine di individuare “cosa, utilmente, è possibile fare”. Non si può, non sarebbe giusto liquidare il problema qualificando quella esperienza come “esperienza formativa tout court” e basta, perché questa affermazione non risponde a verità, né sarebbe istituzionalmente corretto usarla, casomai sol perché ad attivarla è stata la stessa Istituzione, ma in altro tempo. Questi sono giochi del Palazzo che non possono e non devono mortificare il futuro delle incolpevoli nuove generazioni, che hanno sperato di vincere, scommettendosi nello studio, la battaglia della vita.
Cosa potremmo dire agli “stagisti”, nel momento in cui si vara un piano occupazionale che punta a promuovere lavoro per 5000 giovani nel settore privato? Che analogo tentativo, sebbene di ben più ridotte proporzioni, è stato fatto due anni fa nel settore pubblico ed è miseramente, totalmente fallito? Non lo credo proprio; sarebbe una agghiacciante sconfitta istituzionale, proprio perché si è sperimentata nel settore pubblico, un settore dove, per evidenti ragioni, le Istituzioni elettive dovrebbero avere maggiore attendibilità e credibilità.
Mi permetto di auspicare, perciò, che il tavolo politico preannunciato nell’ultimo incontro, che si è svolto presso il Consiglio Regionale, affronti son saggezza ed oggettività il problema nella sua cruda ma evidente urgenza, a meno che qualcuno non se la senta di invitare gli stagisti a mettersi in gioco nel settore privato, dopo il fallimento del tentativo, risultato ingannevole, di costruire il loro futuro nel settore pubblico.
Reggio Calabria 23 ottobre 2010
Stefano Arturo Priolo – Presidente dell’Associazione fra ex Consiglieri regionali della Calabria
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