opinioni_calabria3.jpg
editoriale.gif

Il cammino altalenante ed ondivago della Regione aggiunge problemi a problemi e difficoltà a difficoltà.
Ma non c’è nulla di fatale, intendiamoci. Ognuno ha quel che si merita e la classe politica ed istituzionale è figlia del suo tempo. E non bastano le pesanti penalizzazioni che la Calabria subisce, come doni del nuovo Governo appena si è messo all’opera, per giustificare niente e nessuno.
Una Calabria che avesse avuto una dignità istituzionale, avrebbe reagito con bel altro piglio e con iniziative ben organizzate per far sentire alta e forte la sua doglianza per il rastrellamento operato a suo danno (a danno della Calabria e della Sicilia, in verità), per coprire finanziariamente la manovra per abolire l’ICI sulla prima casa, come se queste due Regioni avessero loro e solo loro l’onere di finanziare un provvedimento a beneficio dell’intero territorio nazionale.
Non che siano mancate le iniziative, sparse qua e là sul territorio, ma avremmo preferito assistere ad un dibattito condotto in maniera conveniente in Consiglio Regionale, dove il Presidente della Regione avrebbe potuto documentare quanto stava accadendo e dare voce ad una Calabria sofferente ma dignitosa e pronta ad agire in difesa dei suoi legittimi interessi.
Se questa reazione non c’è stata, tuttavia, è facile osservare che non avrebbe potuto esserci. Quando nella politica prevalgono i calcoli e quando si è indaffarati a combattere le tenzoni interne che dilaniano la maggioranza, quando la politica perde il filo conduttore della sua “mission”, nessuno riesce più a ricondurla sul terreno della difesa degli interessi generali e della realizzazione del bene comune.

C’è anche un’altra ragione per cui la reazione non avrebbe potuto esserci. Una cosa è l’Amministrazione delle risorse, di cui molti parlano senza averne cognizione, ed una cosa diversa è la propaganda, la politica dell’annuncio. La prima significa che la volontà politica si traduce e si esprime con atti amministrativi cogenti, che hanno il potere di modificare la realtà ed individuare con nome e cognome i destinatari finali delle risorse; la seconda esprime volontà politiche che viaggiano su atti “programmatici” ma che non individuano i soggetti finali
destinatari delle risorse.
In questo secondo caso, gli “impegni programmati” sono modificabili in qualsiasi momento dalla volontà politica che, se vuole, può cambiare i programmi e destinare le risorse in maniera iversa.

A sbagliare sulla Calabria, dunque, non è stato soltanto il Governo in carica che spazza via in un sol giorno finanziamenti promessi e definiti per la realizzazione di opere attese da 50 anni e passa, ma anche chi avrebbe potuto prevedere tutto questo per tempo e, in maniera colpevole, non lo ha fatto.
Mi riferisco, in particolare, ma la notazione è di ordine più generale,allo scippo dei finanziamenti per la viabilità (fondi ex Fintecna e altri) che è vero erano stati inseriti negli strumentidi programmazione finanziaria a favore di Sicilia e Calabria, ma che ancorchè inseriti, non risultavano confortati e supportati da progettazioni tecnicamente efficaci e rispondenti alla normativa degli appalti in vigore. Sicché, quelle risorse, pur essendo state individuate con legge dello Stato assieme ai beneficiari (le Regioni e le Province) non erano “impegnate”, nel senso che la loro destinazione,prevista dalla legge soltanto come tipologia di intervento, non era supportata né da una progettazione specifica, né dalla destinazione vincolante delle risorse alla opera da realizzare: tutto, insomma, era ancora “in fieri”.
Amministratori avveduti ed attenti queste cose le conoscono a memoria, ma non è certo a loro che si riferisce la nostra reprimenda.
E’ ai tanti “parvenu” della politica in circolazione, a coloro che non distinguono la “volontà di fare” dal “fare”, a coloro che credono che la loro volontà, spesso soltanto personale,sia amministrazione, che noi attribuiamo la corresponsabilità dell’esproprio da parte del Governo nazionale delle risorse ex Fintecna e, più in generale per la viabilità, destinate dal Governo Prodi a Sicilia e Calabria.
La volontà politica, allora, occorre svegliarsi e capirlo una volta per tutte, non è sufficiente a realizzare le opere ed a tradurre in fatti le scelte ed a portare i programmi a buon fine. Se la volontà non si traduce in atti amministrativi ed in adempimenti di legge, o, peggio, se essa, una volta manifestata non attiva l’apparato burocratico per gli adempimenti conseguenti, la strada diventa lunga e, lungo la strada, le risorse possono subire una diversa destinazione. Ecco che torna la “dolente nota” dell’efficienza e dell’efficacia della struttura burocratica, come momento indispensabile per fare buona e trasparente amministrazione.
Se questa consapevolezza non esiste negli Amministratori e se non c’è verso di imprimere alla macchina burocratica una “virata a 180 gradi”, tutto è perduto e tutto potrà continuare a perdersi. Ma questa non sarebbe di certo una sorpresa,perché, ahimè, questa e’ la tragica storia dei rapporti tra Stato e Calabria e della Cala-bria rispetto alle Autonomie Locali,
che, nata male, procede in peggio a testimonianza che il suo cammino non e’ governato ma abbandonato alla deriva. La buona novella, come ci sforziamo di “immaginare” in altra parte dell’Agenzia, è di iniziare un cammino diverso,alla conquista di strutture burocratiche capaci di vivere la loro vita professionale normale, trasparente, efficiente, efficace, un sogno antico, che tale rimane per mancanza di senso di responsabilità, individuale e sociale,
oltre che politica. Il tutto mentre la politica… sta a guardare… e, invece di amministrare,
annuncia con largo anticipo la realizzazione delle opere attese,pronta al primo stormir di fronda, ad individuare in altri la responsabilità dell’insuccesso per le mancate realizzazioni.
Cara ed amata Calabria, chi scrive ha avuto in altra epoca le sue responsabilità e non si sente esterno alla tragedia che la politica sta consumando sul territorio calabrese, ma con onestà e dignità continua a pensare ed a credere che sono gli uomini che fanno la storia. La storia calabrese di oggi, con le eccezioni che confermano la regola, è una storia che ha superato ogni possibile negativa immaginazione. La viviamo, anche noi, con una sofferente partecipazione e condivisione.
E’ questa la ragione per cui ogni nostra osservazione critica si chiude con la speranza che “chi può e deve perché è posto al timone” si ravveda e decida di disegnare una rotta diversa,virtuosa, nell’interesse ed al servizio dei cittadini, delle loro formazioni sociali e delle loro municipalità.
In assenza di uno scatto di dignità ed efficienza dell’apparato burocratico, indotto da una politica mirata alla riqualificazione e valorizzazione delle risorse umane e da comportamenti
virtuosi degli Amministratori, non sarà possibile per la Calabria “rivedere l’alba”.
Non sottovalutiamo le difficoltà di una tale impresa, nè siamo portati al pessimismo, tanto meno innamorati della critica, ma è certo che l’input decisivo spetta alla politica. Fa parte della sua “mission” il compito di “motivare l’impresa”,sia sul versante interno che su quello esterno. Perché non scommettersi? E’ chiedere troppo?

 

scarica in formato pdf