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op6-2ed.gif Come era nelle previsioni estive, alla crisi finanziaria a livello planetario, la più grave e devastante all’avvento della Repubblica, ha fatto seguito quello che si temeva e che ai più è apparso subito come un fatto inevitabile: la crisi finanziaria si trasferisce ed intacca l’economia reale ed i livelli occupazionali.
Tulle le previsioni e stime degli Organismi nazionali ed internazionali,istituzionali, economici e sociali,concordano nel registrare l’avvio di una pesante fase di recessione, segnalata in maniera abbastanza evidente, dal calo generalizzato della produzione di beni, servizi e consumi e dalla perdita secca di posti di lavoro.
L’elezione del nuovo Presidente degli Stati Uniti d’America,l’afroamericano Avv. Barak Obama, ha chiuso l’anno di
incertezza che ha pesato in maniera negativa sulle relazioni internazionali e sulla stessa crisi finanziaria e tutti, ora,Organizzazioni Internazionali e Stati sono alle prese col “che fare” per domare una crisi che si preannuncia lunga e violenta,sia dal punto di vista economico che sociale.
Le crisi, in special modo quando raggiungono vistose dimensioni,sono destinate a pesare di più sulle regioni ed aree povere,i c.d. Sud del Mondo. C’è da aspettarsi, dunque, che le aree più povere dei diversi Continenti subiscano una ulteriore penalizzazione e registrino la crescita del divario, accumulato nel tempo, rispetto ai Nord; un divario, peraltro, che non si è ridotto o arrestato nemmeno nel corso del ciclo economico positivo,durato per la verità, oltre un decennio.

Tutti, ora, ritornano all’opera e sono costretti a misurarsi con una realtà non conosciuta e per certi versi rivelatasi molto bruscamente, seppure segnalata già negli anni passati, ma soltanto da talune “vox clamans
in deserto”; rimaste inascoltate,come tante volte è successo nella storia degli uomini.
Tutti al lavoro, dunque?
Anche l’Europa, l’Italia e la Calabria?
Certamente sì, così dovrà essere,anche se, in questo momento l’Italia sembra ancora “assonnata”,come quando al mattino, al risveglio, ci stropicciamo gli occhi per vedere meglio. Potrebbe essere soltanto una impressione la
nostra, ma occorre fare attenzione perché il risveglio potrà essere brusco e dolorosissimo. L’ammalato,il sistema finanziario-economico-sociale italiano (banche comprese), con la dimensione raggiunta dal debito pubblico,al di là delle apparenze e delle volute sottovalutazioni, rivela oggettivamente, livelli di vulnerabilità abbastanza alti, forse i più alti nell’Unione Europea e sono visibili i segnali del suo ulteriore aggravamento.
Ma lasciamo stare per qualche momento l’Italia a tutti gli italiani e pensiamo, con i limiti che questa considerazione comporta,riferita ad una crisi di portata mondiale e storica, alla nostra Calabria.
La Regione come sta e cosa fa?
Se prendiamo in prestito dalla marineria il suo linguaggio caratteristico,possiamo provare a rispondere: naviga a vista in un mare in tempesta, nell’immanente pericolo di imbattersi in uno scoglio e sfasciarsi o in una secca ed arenarsi (vedi sanità,rifiuti, precariato, povertà, e così via, per parlare soltanto di amministrazione).
Non c’era proprio bisogno della crisi finanziaria per accorgersi delle difficoltà e delle emergenze nella nostra Regione.
La tragedia sta nel fatto che i mali sono noti e sono antichi,ma che ad ogni legislatura istituzionale alla speranza di prendere il timone e governare la nave, invertendo la rotta, fa seguito la delusione e l’amara constatazione che la condizione istituzionale, politica, economica e sociale, piuttosto che migliorare,peggiora.
Siamo, decisamente, ancora una volta, sulla strada della sconfitta della Calabria, perché o non abbiamo saputo o non abbiamo voluto aggredire foss’anche un solo settore della vita calabrese,per dargli un assetto dignitoso,produttivo, efficiente, efficace ed iniziare la risalita, il restauro,la ricostruzione di una bella ma sfortunata terra, che i suoi cittadini continuano ad offendere (la ndrangheta) e non governare (la classe dirigente).
Ci piacerebbe, sinceramente,che uno scatto di dignità e di orgoglio percorresse la schiena di tutti in questa Regione, in special modo di quanti hanno a cuore il futuro di questa terra, a partire dalle Istituzioni elettive,
per poter continuare a sperare.
Ma esistono ancora la dignità e l’orgoglio? O tutto è perduto e questo è, ormai, il tempo di aspettare soltanto lo scoglio o la secca su cui consumare definitivamente la speranza?
No! la speranza non muore perché tante persone, oneste e motivate, continuano a fare il proprio dovere nei posti in cui operano, lavorano e producono,investendo i “talenti” ricevuti,per vivere e praticare ogni giorno la costruzione del bene comune.
Penso a quanti con impegno e dedizione hanno cura per il prossimo,come se si trattasse delle loro stesse persone; al mondo del lavoro onesto e produttivo impegnato a far crescere il pil; ai tanti Amministratori onesti, che attendono con disinteresse personale e trasparenza alla vita delle piccole Comunità locali. Non solo. Penso, soprattutto, a questo vento, ancora leggero, ma che cresce d’intensità, proprio qui, in questo Sud del Paese dove i poteri
forti insistono per confermare il loro primato e soffocare ogni anelito di speranza; sì possiamo affermarlo, anche in Calabria s’è alzato il vento della speranza contro l’onorata società: “la ndrangheta”. Dalla Sicilia alla
Calabria, alla Campania, stando alle informazioni di cui disponiamo,gli imprenditori hanno iniziato la lunga marcia per debellare la malapianta che ha infestato, con la tecnica del cancro, l’intero tessuto sociale. Anche gli rittori si sono destati (il libro “Gomorra” scritto da Roberto Saviano – editore Mondadori è l’ultima testimonianza),mentre i Sacerdoti confermano,con crescente consapevolezza ed ammirevole abnegazione, che il ruolo della Chiesa è fondamentale per “armare le coscienze” contro “mafia”, “ndrangheta” e “camorra”. E’ bello leggere sulla nostra stampa, invasa dalla cronaca nera, che 14 sacerdoti del Vibonese scrivono sul potere devastante della criminalità, che distrugge l’iniziativa privata,mortifica la libertà ed impedisce alle comunità di liberare le sue potenzialità produttive. Ora se queste avanguardie si manifestano può darsi che sia giunta l’ora, per lo Stato, per i cittadini
onesti, di tentare un assalto decisivo, con tutte le forze disponibili.
Si perché questa incessante guerra occorre vincerla ed offrire al mondo che ci guarda,il vero ed onesto volto di questa terra. La Magistratura e le forze dell’ordine hanno affondato la spada ed i successi si susseguono con la cattura cadenzata dei pezzi da 90 delle organizzazioni malavitose. Se solo si insinua il dubbio che chi si organizza per delinquere, calpestando la legge, lo Stato ed i cittadini, potrà, ora,pagarla cara, si arresterà il flusso
delle affiliazioni ed inizierà l’era della paura di arruolarsi.
Non lasciamoli soli, i servitori dello Stato, parliamo di loro e rendiamo palese la nostra viva solidarietà, aiutiamoli come possiamo; tiriamo fuori dal cassetto un sogno da tempo riposto e rendiamolo pubblico. Sogniamo
una politica liberata da ogni ipoteca, collusione, fiancheggiamento, tiepidezza, debolezza verso la criminalità e rendiamoci disponibili a combattere anche noi cittadini la battaglia della civiltà, del progresso, della
libertà. Facciamolo per l’amore che abbiamo per la nostra terra,per i nostri figli e per i nipoti;non possiamo lasciare a loro una eredità così pesante che deturpa il volto della Calabria e dei calabresi. Oggi ci sono, più
di ieri, tante ragioni per agire.
Noi pensiamo che l’Ufficio di Presidenza del Consiglio Regionale,massima assise elettiva della Calabria, se lo ritiene opportuno,potrebbe decidere di assumere una qualche iniziativa,nel merito, chiamando a raccolta
la classe dirigente calabrese.
A nessuno sfuggirebbe l’alto significato interno ed esterno alla Regione, di una iniziativa istituzionale
condivisa, così concepita,capace di porsi il porblema dello strapotere criminale, che non disdegna nemmeno di riversare le sue dirette responsabilità su persone ignare ed innocenti che il sistema finisce con l’includere
senza che esse abbiano alcuna responsabilità.
Anche per questo la nostra partecipazione a questa battaglia giusta e la nostra vigilanza continua devono restare alte in maniera permanente.

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