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Editoriale

di Stefano A. Priolo

La storia di questi giorni ci racconta eventi destinati ad influenzare e non poco il futuro della vita internazionale e ci invita, dunque, a riflettere sulla condizione dell’uomo sulla terra.
Si tratta di eventi significativi e rilevanti che hanno qualche relazione, anche diretta, con la nostra condizione, col nostro modo di vivere, col bisogno profondo che avvertiamo di dare significato e senso alla vita dei nostri giorni. Mi riferisco al vento della libertà, ed ora anche alla guerra, che stanno sconvolgendo la vita dei popoli della sponda Sud del Mediterraneo e dell’Asia minore, alla beatificazione di S.S. Karol Wojtyla, Papa Giovanni Paolo II ed, infine, alla uccisione di Osama Bin Laden.
1maggio11-1.pngConsiderandoli questi accadimenti nella sua contestualità e contemporaneità, vien fatto di ricordarli con una espressione che non va considerata blasfema: La terra e l’uomo: le due forze, il bene ed il male, che se la contendono sin dalla sua creazione.
Una qualche riflessione, di fronte a cotanto significato, è d’obbligo, senza nutrire alcuna pretesa, che non sia quella di comunicare ai nostri lettori il bisogno che avvertiamo di essere consapevoli e partecipi delle gioie e dei dolori del nostro tempo, ma anche di provare a comunicare i nostri sentimenti e le emozioni che essi suscitano.
Il trascorrere dei giorni nella vita del Mediterraneo e del Medio Oriente, ci conferma che avevamo colto nel segno quando abbiamo, anche noi, ritenuto di vedere, da osservatori interessati, che il vento che spirava trasportava con sé un desiderio, una speranza, una forte volontà di andare incontro alla libertà ed appropriarsi della propria vita e della propria storia da parte delle nuove generazioni. Non si ferma la protesta contro la tirannide, i giovani
reclamano il diritto ad essere loro i decisori del futuro e si ha sempre più chiara la percezione che ci troviamo di fronte ad una svolta storica, che dobbiamo applaudire, condividere, sostenere, preparandoci, a nostra volta, a viverla, con la voglia e la determinazione di essere anche noi partecipi di questa nuova era che si preannuncia e ci interpella.

Credo che abbia ragione il Direttore dell’Istituto del Mondo Arabo a Parigi – Dominique Baudis, quando alla domanda
“Ma quale sarà il nuovo assetto? Così risponde: “Soffermiamoci sull’evento. Per la prima volta le popolazioni arabe fanno la propria storia. Le rivoluzioni non sono state innescate da ingerenze straniere, la protesta è orizzontale, senza tribuni, ideologhi o leader. I cittadini sono gli eroi di questi eventi, ora la difficoltà sta nel trasformare una rivoluzione orizzontale in una struttura gerarchica di governo, senza traumi. Per tradizione,
le società arabe sono verticalizzate, rispondono con zelo al carisma di un leader, ai ruoli predefiniti dei membri di un clan. Una evoluzione democratica sarà un processo lento ma realizzabile, viste le premesse.
Non dobbiamo avere paura per quello che sta accadendo sotto i nostri occhi. L’età anagrafica delle popolazioni insorte e le modalità della loro rivolta contro le dittature non devono generare imbarazzo. Appare via via più chiaro che non c’è di mezzo fanatismo religioso o strategie terroristiche. Dunque, tocca anche a noi scegliere e definitivamente da che parte stare e come popolo italiano non possiamo che stare dalla parte di chi anela  libertà e rivendica il diritto di costruire il proprio futuro col proprio cervello e con le proprie mani, credendo di utilizzare a questo fine la conquistata libertà.
papabeato-2.pngDo b b i amo farlo per stare al passo col tempo e con la storia, riascoltando ed interiorizzando, a nostra volta, ’esortazione di Karol Wojtyla, il nuovo Beato della Chiesa Cattolica, già dall’inizio del suo pontificato: “Non abbiate paura: aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo; aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura!”.
Per ricordare e qualificare Giovanni Paolo II, sono stati scomodati, sicuramente a proposito, una varietà di attributi (l’apostolo, il pastore, il profeta, il comunicatore, la roccia), rivolti a configurare, nel momento della sua beatificazione, questo “gigante della Chiesa Cattolica e della storia” che nel corso dei suoi 27 anni di pontificato (il terzo più lungo della storia della Chiesa – dopo quello di Pio IX e dell’apostolo Pietro), ha
saputo riconquistare alla Religione cattolica intere moltitudini di ogni parte del pianeta. Anche noi sentiamo il bisogno di ricordarlo questo Papa “venuto da lontano” scelto per guidare il popolo di Dio verso la terra promessa, a chiusura del secondo millennio della storia. Lo facciamo perché anche noi abbiamo avuto netta la percezione, seguendo il suo pontificato, che si sia trattato veramente di “un uomo della Provvidenza”, di “un apostolo delle genti”, chiamato a guidare la Chiesa ed a posizionarla, in maniera lungimirante, all’inizio del terzo millennio, nell’era della globalizzazione, che Lui ha saputo sagacemente leggere. Nessun successore di Pietro ha mai girato il mondo quanto Lui, lo testimoniano i tanti viaggi nei diversi continenti; nessuno ha mai incontrato tante moltitudini accorse ovunque si recasse attratte dalla forza della sua parola, dalla sua fede, dalla sua sofferenza, dalla sua umanità, come per rispondere ad una chiamata, come se ciascuno avesse ricevuto personalmente un invito. Più volte nella storia del suo pontificato è sembrato che terra e cielo si incontrassero per celebrare la gloria del Creatore; più volte è stato l’artefice dell’incontro concorde di tutte le Chiese, per promuovere il dialogo interreligioso; più volte, incontrandolo od osservandolo od ancora ascoltandolo, abbiamo avuto una percezione nuova della gioia e del dolore, della sofferenza e della Santità, della semplicità e della potenza dirompente della parola, quando, come lui ha saputo fare, è stata utilizzata con una sapienza visibile ed una efficacia evidente, come testimoniato dalle conseguenze che essa ha generato nella vita di interi popoli (basta ricordare l’evento storico della caduta del “Muro di Berlino”). Particolare è stato il suo dialogo con i giovani, a partire dalla istituzione della I Giornata mondiale della Gioventù (Roma 23 marzo 1986), seguita anno dopo anno dalle edizioni successive in giro per il mondo. Se tutto questo non fosse sufficiente a definirlo, c’è anche la sua storia familiare e personale, prima di arrivare alla Cattedra di Pietro, a testimoniare una vita ricca di Grazia, di sofferenza, di lavoro ecclesiale e di lavoro in fabbrica (proprio per questo è stato anche definito il Papa operaio), uniti alla pratica quotidiana della solidarietà operante verso tutti i bisognosi.
1maggio11-2.pngMa noi lo ricordiamo anche per essere stati spettatori diretti ed avere avuto il privilegio di incontrarlo, in occasione della sua visita in Calabria nell’Ottobre del 1984. Era da quasi 900 anni che un Papa non visitava a Calabria. Per Karol Wojtyla la Calabria è stata la prima visita di una Regione. Parlando ai cosentini convenuti nello Stadio, con la sua disarmante semplicità, non esitò a dichiarare “Da stasera la Calabria ha un calabrese in più. Questa terra ha tanto posto nel mio cuore.” Ed a Reggio in un memorabile discorso ai giovani, li esortò a non credere che “Cristo si è fermato ad Eboli” e sostenne che “il lavoro è un diritto e la disoccupazione un’ingiustizia perché contraddice questo fondamentale diritto. Il giovane senza lavoro e senza speranza per il futuro – disse – è esposto ad ogni genere di tentazione: mi riferisco in particolare alle tentazioni della violenza e della droga”. Il Pontefice esortò i giovani a non cedere “mai alla tentazione della violenza criminosa e mafiosa”, ma ad “essere la forza morale più determinante per sconfiggere ogni mentalità che porta alla prepotenza, all’aggressione e alla vendetta”, invitandoli ad aiutare quelli di loro che “caduti in quella rete della delinquenza organizzata, vogliono redimersi”, come pure quelli rimasti vittime del “turpe mercato” della droga “che diffonde dolore e morte”.
Il giorno della sua morte (2 aprile 2005) e quello della sua beatificazione (1 maggio 2011), hanno fatto registrare una partecipazione di pellegrini e di popolo, provenienti da tutto il mondo, senza precedenti nella storia della Chiesa, che hanno letteralmente invaso Roma, la Città eterna, per rendergli omaggio, partecipare alla gioia e commuoversi per la proclamazione della sua Beatificazione.
1maggio11-3.pngDi tutt’altro segno, in stridente contrasto con i giorni della grazia, il 1° maggio del 2011 verrà ricordato dalla storia come quello dell’uccisione di Osama Bin Laden, il terrorista fondamentalista islamico, capo di Al-Qaeda, a cui è fatta risalire la responsabilità della organizzazione del terrificante attentato alle Torri Gemelle di New York (11 settembre 2001), nel quale persero la vita quasi 3000 cittadini appartenenti a 90 diverse nazionalità, oltre a migliaia di feriti tra gli abitanti di New York. L’attentato ebbe grandi e gravissime conseguenze mondiali.
Gli USA dichiararono guerra al terrorismo internazionale ed all’Afghanistan, lo Stato ritenuto colpevole di essere la base logistica di Al-Qaeda. L’intera comunità internazionale adottò leggi speciali per difendersi dal terrorismo.
Bin Laden è stato ucciso, il 1° maggio del 2011, ad Abbottabad, a poca distanza da Islamabad, la capitale del Pakistan, nel corso di un blitz operato da un nucleo di specialisti antiterrorismo, al comando dell’ammiraglio William McRaven, il responsabile delle forze speciali del Pentagono.
A dieci anni dalla tragedia delle Twin Towers, il 5 maggio, il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama, si è recato a Ground Zero dove ha deposto una corona di fiori, in un silenzio pieno di emozione, disturbato soltanto dal forte vento. Nel suo intervento, il Presidente ha voluto sottolineare come «questo è un luogo simbolo dei sacrifici straordinari fatti in quel terribile giorno di dieci anni fa». “Ma quanto avvenuto domenica scorsa – ha aggiunto Obama, riferendosi all’uccisione di Bin Laden – manda al mondo un messaggio chiaro: «Quando diciamo che non ci dimenticheremo, lo intendiamo alla lettera».
La morte di Bin Laden non chiude ancora la partita col terrorismo internazionale, ma genera, questa è la speranza degli uomini di buona volontà, il suo superamento, dando forza a quanti ogni giorno si adoprano per costruire una condizione di pace, di solidarietà e di fratellanza tra i popoli della terra.

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