12/12/2011 – “Le genti del bel paese là dove ‘l sì suona” (Dante Alighieri, XXXIII canto dell’Inferno), “Italia: Un popolo di poeti di artisti di eroi / di santi di pensatori di scienziati / di navigatori di trasmigratori” (Palazzo della Civiltà – EUR – Roma).
Ed ora? Eravamo afflitti da una perdurante condizione di difficoltà estrema, dentro i confini italici, in Europa e nel mondo. Da qualche anno, voci sempre più insistenti ed autorevoli, provenienti dai cittadini, dalla pubblica opinione nazionale ed europea, dal sistema politico, dalla Chiesa Cattolica, dal Parlamento italiano, avevano segnalato e denunciato la permanenza di una crisi profonda, la più grave dal tempo della nascita della “Repubblica democratica fondata sul lavoro” ed avevano, conseguentemente, insistito perché il Governo in carica passasse la mano, al fine di consentire l’apertura di una prospettiva diversa, capace di rimettere in cammino il Paese e farlo crescere quanto necessario per scongiurare il suo default, convinti anche che questa sciagurata evenienza
avrebbe dovuto essere evitata, anche perché proprio essa – secondo una diffusa opinione in Europa – avrebbe potuto trascinare con sé l’€uro, la moneta unica europea.
In trenta giorni, la scena è cambiata. Dietro il precipitare dell’emergenza economico finanziaria, segnalata da un indicatore divenuto presto famoso e popolare: “lo spread” é prevalsa in tutti, Governo compreso, l’idea che quell’appello di passare la mano dovesse essere ascoltato e sotto la illuminata regia dell’uomo della Provvidenza di turno – il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano – è stato possibile che in Parlamento si determinassero le condizioni per varare un nuovo Governo, che ha ricevuto la fiducia del Senato e della Camera con una larga maggioranza, mai prima verificatasi nella storia della Repubblica.

 

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