• quella della nostra vita;
• quella politico-istituzionale;
• quella economico-finanziaria;
• quella culturale e sociale.
L’anno che ci lasciamo alle spalle è un anno pesante. La condizione complessiva del Paese, ed in esso della nostra Regione,si è ulteriormente aggravata e, dunque, oggi essa reclama sacrifici da parte di tutti e comportamenti virtuosi in ogni attività umana, per tentare di scongiurare il grave e grande pericolo del fallimento dell’Italia, sovraccaricata da un debito pubblico fuori misura (oltre 1900 miliardi di €uro – pari al 120% del P.I.L. ). La
crisi economico-finanziaria è mondiale, in questi anni tocca da più vicino l’Europa rispetto agli altri continenti, ed è in Europa, dunque, che si gioca la partita che occorre vincere, per ridare fiducia nel futuro ai cittadini europei; per quel che ci riguarda, ai cittadini italiani.
Il Presidente della Repubblica, dopo le dimissioni del Governo Berlusconi, ha affidato al Prof.Mario Monti ed al
suo governo il difficile compito di provare a riportare la nave in salvo. E’ un’impresa difficile, ma si può, col concorso responsabile del Parlamento ed i sacrifici richiesti ai cittadini, provare a vincere la sfida. I Decreti “salvaitalia” e “crescitalia” il primo già convertito in legge, il secondo in itinere per essere convertito, hanno definito i provvedimenti legislativi necessari per scongiurare il fallimento e conseguire il pareggio di bilancio entro il 2013, oltre che avviare la fase 2 della c.d. “crescita”. Si tratta di un percorso non breve, che
include sacrifici ed opportunità che hanno in sé buone e concrete speranze di riuscire nell’impresa di riportare il Paese a recitare un ruolo di primo piano in Europa e, dunque, di concorrere a misurarsi con le difficoltà per vincere la sfida che l’Unione ha davanti a sé.
Ecco. Sul piano economico-finanziario il 2012 sarà l’anno più difficile, strategico rispetto all’obiettivo ineludibile di pervenire al pareggio di bilancio entro il 2013. Ma gli scogli su cui la nave può infrangersi non sono pochi e sono tutti visibili: entro gennaio l’Unione Europea dovrà trovare la forza ed il coraggio di integrare
la rotta finora seguita, con decisioni adeguate a coltivare e raggiungere gli obiettivi programmati, ma anche azionare politiche condivise al suo interno, per stimolare e promuovere la crescita dell’intera area €uro. Di sacrifici si può anche morire, questo è abbastanza chiaro a tutti, ma senza la crescita economica – in un
mondo globalizzato – la morte è l’unico risultato conseguibile.
Entro marzo vanno in scadenza quote rilevanti di debito pubblico, che occorre rinnovare. Anche questo è un ostacolo da superare, come quelli dello stesso genere che arriveranno in corso d’anno, tenendo presente che è importante che si concludano positivamente le aste per il collocamento delle nuove offerte di BOT/BTP, sia dal punto di vista delle quantità offerte, sia sotto il profilo del costo per gli interessi da corrispondere ai sottoscrittori.
Entro Luglio il Consiglio ed il Parlamento Europeo dovranno trovare l’intesa per il potenziamento e l’operatività dell’ETFSF (Fondo salva Stati) per dare certezza di solvibilità dei debiti sovrani degli Stati aderenti all’Unione, in particolare dei c.d. “Stati periferici”.
Ma la lista del che fare non si ferma qui. Resta da sottolineare quel che serve ancora all’Unione Europea per poter
competere con gli altri grandi protagonisti della scena economicofinanziaria mondiale (USA – Cina – Giappone –Russia etc.)
Come accade per un grande Stato, una Unione di Stati non può fare a meno di una Banca di ultima istanza e la BCE – la Banca Centrale Europea – non lo è ancora. La moneta unica europea, infatti, non è stampata dalla BCE, ma dai singoli Stati nazionali.
Dunque: mentre gli altri Stati hanno braccia e gambe per muoversi prima di cadere, l’€uro ha una sola gamba.
Occorre, allora, trovare il coraggio di fare un passo avanti verso l’Europa unita e per farlo occorrono politiche comuni, decisioni comuni ed una Banca di ultima istanza, se si ha voglia di competere adeguatamente nell’era della globalizzazione.
L’Italia è tra i sei Paesi fondatori della Comunità Europea ed il suo ruolo nella costruzione dell’Europa Unita
è fondamentale, ma per poterlo assolvere deve essere in regola con i doveri che l’essere europei comporta. E’ da questa condizione che deriva il suo prestigio, la sua forza di persuasione, la sua dignità di costruttore
dell’Europa degli Stati e dei popoli, capace di assicurare al vecchio continente la pace, la libertà, il progresso sociale, conseguiti nel sessantennio successivo alla seconda guerra mondiale.
I sacrifici che ci sono richiesti e che come cittadini abbiamo il dovere di fare, servono a questo nobile scopo: la salvaguardia della pace, della libertà, dello sviluppo economicosociale, oggi per noi, domani per i nostri figli
e le generazioni che verranno, come è stato per il passato, tutte le volte che essi sono stati necessari; solo che in questa contingenza tutto è estremamente più difficile.
Il nostro rapporto con l’Unione Europea, dunque, è diretto, siamo già italiani-europei, cittadini di entrambe le patrie, dunque, spetta anche a noi fare da locomotiva per perseguire e sostenere il processo di avanzamento dell’Unione verso traguardi di migliore civiltà e maggiore progresso, come è nella convinta vocazione del nostro
Paese.
Lo ha riconfermato proprio in questi giorni il Governo del Paese, sostenuto dalla mozione votata a larga maggioranza nei due rami del Parlamento, con la quale , in vista degli appuntamenti istituzionali dell’Unione, viene conferito al Capo del Governo un ampio mandato che gli consentirà di ricollocare l’Italia al giusto
posto che le spetta in Europa.
Ma l’anno appena iniziato, ed è ovvio, merita anche qualche considerazione sulla nostra terra: la Calabria. La nostra Regione naviga in acque ancora più perigliose, rispetto alla media-paese. Lo sappiamo, non è una novità,
ma occorre sottolineare come potrebbe anche verificarsi che la durezza della crisi possa rappresentare per chi non ha tanto da perdere una opportunità. E’ cosi? Potrebbe essere anche così. Ma tante, troppe cose dovrebbero
cambiare e non di poco.
• Dovrebbe migliorare, anzitutto, la qualità delle risorse umane;
• dovrebbe crescere il pil – la ricchezza prodotta – e dovrebbero crescere le opportunità di lavoro per i tanti giovani che le cercano senza trovarle e per quelli che, stanchi dell’inutile ricerca , si sono arresi e non vengono
più annotati nemmeno dalle statistiche;
• dovrebbero fare di più e meglio la politica e le istituzioni elettive, il mondo dell’impresa, insomma, l’intera classe dirigente pubblica e privata, ferma al palo, in parte sfiduciata, in parte irretita e compromessa dalla presenza di una irriducibile criminalità organizzata, in parte ancora dedita a poveri compromessi quotidiani per la sopravvivenza individuale o, al massimo del proprio clan/gruppo;
• dovrebbe, soprattutto emergere una forte ed impegnativa capacità progettuale mirata a costruire un futuro per le nuove generazioni e manifestare la ferma volontà di sognare/immaginare/rischiare e realizzare una forte coesione sociale ed istituzionale, ancorata ai valori ed agli obiettivi configurati nella Carta Costituzionale e condivisa, al di là di ogni appartenenza politica, culturale, religiosa.
E’ tanto, é troppo? Forse sì, ma senza questo risveglio, senza questa presa di coscienza sulla inarrestabile condizione di degrado e di declino che ci attornia, senza la consapevolezza ed onestà di riconoscere che
occorre esercitare le pesanti responsabilità che a ciascuno competono nel proprio ruolo, la Calabria di oggi è già una “terra disperata”, senza futuro.
Basterebbe, per iniziare, riconoscere e interiorizzare la gravità della situazione, senza negarla o sottovalutarla ed affermare pubblicamente il serio e convinto proposito di uscire da questa condizione, operando con onestà su ogni terreno delle attività umane, quello politico, quello istituzionale, quello sociale, quello culturale. E’ urgente ed occorre applicarsi da subito per avviare un cammino virtuoso di buone pratiche e di comportamenti coerenti, per invertire la inarrestata tendenza al declino.