Ci siamo. Dopo la Spagna, la Grecia, la Francia, gli Stati Uniti d’America, che hanno votato e rinnovato Governi ed organi legislativi, il 2013 sarà l’anno dell’Italia e della Germania, per fermarsi all’Europa. L’anno 2012 ha confermato, ancora una volta se ce ne fosse bisogno, che le vigilie elettorali sono momenti di grande riflessione nella vita delle democrazie occidentali, rivolte come sono a segnare passaggi cruciali nella vita degli Stati e delle organizzazioni internazionali. Ciascuna scadenza, preceduta da vigilie più (USA) o meno (Paesi Europei) prolungate, è destinata ad incidere non soltanto sulla vita interna del singolo Paese, ma ad influenzare, poco o tanto, anche la vita delle organizzazioni internazionali
cui il singolo Paese appartiene. E’ stato così per la vita degli Stati che hanno concluso le elezioni nel 2012, sarà così per quelli che dovranno affrontarle nel corso del 2013.
Si tratta di momenti nel corso dei quali le parti in gioco sviluppano e costruiscono, nel rapporto con i cittadini elettori, i loro programmi elettorali alla ricerca insistita del consenso che, in democrazia, “una testa un voto”, attribuisce la responsabilità di governo ai Partiti od alle coalizioni premiate dal voto, secondo le modalità previste dalle leggi elettorali. Accanto al perseguimento di questo nobile obiettivo, tuttavia, si manifestano e si sviluppano, nel corso della campagna elettorale, le migliori e sofisticate tecniche adescatrici del voto dei cittadini e viene messa in campo una forbita dialettica,infarcita di promesse spesso demagogiche, irrealizzabili, destinate talvolta a determinare il distacco della vita istituzionale dai bisogni oggettivamente concreti della società e dei cittadini. Quando la distanza cresce in maniera marcata ed i risultati dell’azione di governo non raggiungono il livello sperato dal cittadino-elettore, è verosimile che i governi in carica siano bocciati e che ad essi subentrino le forze politiche che hanno rappresentato la minoranza nella passata legislatura. Può verificarsi anche che nel corso della legislatura – è il caso degli Stati dove il sistema democratico è rappresentato da più partiti – la coalizione che ha vinto le elezioni si scompone nel corso della legislatura. E’ il caso dell’Italia quando a seguito delle dimissioni del Governo Berlusconi è nato il Governo Monti. Diverso è il caso delle Regioni dove vige la regola elettorale per la quale le dimissioni o la sfiducia al Presidente della Regione danno luogo allo scioglimento del Consiglio Regionale e, dunque, il ricorso a nuove elezioni (vedi Sicilia, Lazio, Lombardia). Diverso, ancora, il caso (il Molise) in cui si è costretti ad interrompere la legislatura a seguito di pronunciamento della Magistratura amministrativa.
Le fasi elettorali, dunque, sono la fisiologica conseguenza del sistema democratico. E’ naturale, perciò, che in esse si accentuino e si sottolineino volutamente le differenze tra le forze politiche concorrenti, con la tendenza, tutta attuale, parliamo del nostro Paese in questo caso, ad esasperare i conflitti fino a configurarli come veri e propri momenti di scontro politico tra forze nemiche, piuttosto che leale, serio ed insistito confronto di idee e progetti, per costruire il
migliore futuro sperato da comunità e cittadini.
Momenti, dunque, difficili in ogni caso complessi, di cui si nutre la democrazia con regole predeterminate per dare vita ai diversi livelli istituzionali.
 Sono essi, dunque, che col loro susseguirsi, si incaricano di definire lo stato di salute dei sistemi democratici ed il livello di gradimento dei cittadini, rispetto alle diverse forze politiche che si offrono all’interno del sistema, per governare Stati ed Autonomie locali.

Gli anni che viviamo in Italia, sono anni di crisi del sistema democratico che hanno fatto registrare una crescente disaffezione dei cittadini, costretti a fare sacrifici enormi, sconosciuti nell’era repubblicana, a causa del sopravvenire di una crisi sociale, economica e finanziaria che, iniziata in America, si è rapidamente trasmessa all’Europa, generando inquietudini, difficoltà e nuove povertà col conseguente rifiuto dei cittadini-elettori del modo di governare.
In questa cornice si sono svolte le elezioni in Grecia, Spagna e Francia, con risultati elettorali che hanno premiato i Partiti di opposizione ed in questa stessa cornice pare siano destinate a celebrarsi le elezioni in Italia e, con minori disagi, anche in Germania.
Ogni consultazione, tuttavia, ha una sua storia ed i risultati, sono sempre commisurati alla volontà popolare come espressa dal voto.
Conclusa la legislatura, l’Italia andrà alle elezioni dopo circa 14 mesi di Governo Monti; un governo di tecnici, sostenuto in Parlamento da PDL – PD e UDC, chiamato a scongiurare il fallimento dell’Italia, sulla quale la crisi economico-finanziaria mondiale ha finito col pesare più che in altri Paesi, per due cause: la intollerabile dimensione raggiunta dal debito pubblico (oggi oltre 2000 miliardi di €uro) che costa al bilancio dello Stato circa 80 miliardi/
anno di €uro di interessi passivi e la mancata crescita per oltre dieci anni dell’economia nazionale (il famoso p.i.l.), generata dalla perdita di competitività del nostro sistema produttivo.
La consultazione elettorale arriva, purtroppo, dopo una serie di scandali che hanno pesantemente penalizzato la credibilità e l’onestà del sistema politico e che hanno ingigantito i c.d. partiti “della protesta” e “della astensione dal voto”, in un clima affatto rassicurante, che non consente al sistema democratico sonni tranquilli.
Queste criticità si sono chiaramente evidenziate nelle recenti elezioni per il rinnovo del’Assemblea Regionale Siciliana che ha fatto registrare la vittoria del centrosinistra, ma con una astensione dal voto superiore al 50% dei cittadini-elettori ed il successo del “Movimento 5 stelle”, risultato il primo Partito dell’isola. Un risultato che ha confermato l’allarme generale, destinato a pesare alla vigilia delle elezioni politiche.
Questa condizione di emergenza democratica e sociale interpella ciascuno e tutti. La domanda è: c’è ancora tempo per invertire la rotta e consentire al sistema democratico di riagganciare il rapporto con i cittadini, per dare forza alla democrazia, convincendo gli elettori a tornare alle urne e dare al Paese un governo politico che consenta all’Italia di presentarsi con un nuovo biglietto da visita in Europa e nelle grandi organizzazioni internazionali? per dare un utile ed efficace contributo alla governance europea e mondiale, per recitare nel Mediterraneo, in stretto rapporto con i Paesi della sponda sud, un ruolo di cooperazione che sia in grado di aiutare la crescita reciproca, rivolta anche ad assicurare la pace nel Mare Nostrum ? Occorre credere che sia ancora possibile, se è vero che qualcuno si è messo in cammino. La decisione della coalizione “Italia. Bene comune” di fare le elezioni primarie, che ha portato alle urne oltre tre milioni di elettori cui affidare la scelta del leader per le elezioni politiche, è stata una palese e significativa vittoria
della democrazia, prima che del candidato Pier Luigi Bersani Segretario del PD, che contenderà il ruolo di primo Ministro agli altri candidati che il sistema democratico saprà selezionare.
Ma non c’è più tempo da perdere. E’ tempo di decisioni difficili e coraggiose per chiunque voglia competere per la vittoria nelle elezioni politiche di primavera. Per tutti l’imperativo categorico sarà uno solo: dimostrare rigore morale e materiale nell’utilizzo delle risorse pubbliche e nella selezione dei candidati al Parlamento, onestà e verità nel dialogo con gli elettori e nella stesura dei programmi.

scarica in formato pdf