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Eravamo avvertiti che sarebbe stato un anno problematico e, dunque, ce lo aspettavamo sorprendente, difficile ed anche a rischio, per certi versi; l’accaduto sul suolo italiano nel primo semestre, infatti, lascerà traccia indelebile di sé nella storia della Repubblica, oltre che essere ricordato per la grande attenzione e meraviglia che ha destato nell’intero pianeta, ormai globalizzato, quel che è accaduto a Roma presso la Cattedra di Pietro.
Anche noi, nella nostra Associazione, abbiamo vissuto, a nostro modo, un tempo interessante, ricorrendo il 25° anniversario della nascita di questa nostra esperienza innovativa di partecipazione responsabile alla vita istituzionale derivata e nello stesso tempo vissuta in continuità con l’essere stati eletti, seppure in altro tempo, dai cittadini calabresi, a rappresentarli nel Consiglio Regionale, per istituire la Regione ed esercitare in essa la funzione legislativa prevista dalla Costituzione della Repubblica.
Proprio per la valenza storica degli eventi richiamati, sentiamo il dovere di fermarci un istante a considerarli, per renderne testimonianza, essendone stati protagonisti o partecipi.
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25-1.pngCi eravamo preparati, in verità, alla celebrazione del 25° anniversario, con specifici incontri degli organi sociali nella seconda parte del 2012 ed avevamo stilato un primo programma di attività, volendo fare qualcosa per aiutare la Calabria a considerare le sue difficoltà (come ignorare il peso del livello record di disoccupazione femminile e giovanile, come non avvertire il grande disagio che ad emigrare, nel nostro tempo, sono i giovani, non più i capi famiglia) e le sue grandi emergenze (il dilagare della corruzione e della criminalità) che reclamano, in ogni direzione, un cambio di passo per imboccare il cammino della rinascita, lastricato ancora di grandi sacrifici, che pretendono dal sistema democratico e dal mondo istituzionale, con urgenza ed a gran voce, una risposta permeata di tanto buon senso, buona coscienza, buona amministrazione, buona politica.
La riflessione di fine anno è sfociata nell’intimo bisogno di organizzare alcuni appuntamenti, quelli che abbiamo presentato alla pubblica opinione in una Conferenza stampa il 29 gennaio, convinti di doverli porre all’attenzione ed alla riflessione dell’intera classe dirigente della nostra Regione.
Abbiamo mirato in maniera specifica alcuni problemi, secondo noi decisivi per migliorare l’oggi, in coerenza, tuttavia, con un disegno più generale di sviluppo e crescita programmata del futuro e, dunque, mirati a farsi carico dei bisogni delle nuove generazioni.
In questo quadro generale abbiamo deciso di realizzare in corso di anno, tre Seminari ed una iniziativa conclusiva di compendio della nostra riflessione.Più in dettaglio:
• un Seminario – già realizzato a Cosenza in aprile sul tema “Valorizzazione, organizzazione, difesa del territorio e dell’ambiente calabrese”;
• un secondo Seminario – già realizzato a Lamezia Terme nel mese di giugno, sul tema “Risorse nazionali e comunitarie: fattori e settori produttivi da sviluppare in Calabria”
• un terzo Seminario da realizzare a Reggio Calabria a fine Settembre sul tema ”Istruzione. Alta formazione. Cultura e Beni culturali”;
• convegno conclusivo di compendio delle iniziative seminariali, nella prima decade di dicembre.

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25-2.pngMa ben più complessa ed importante, per ovvie ragioni, è stata la storia d’Italia del primo semestre, per la concomitanza della scadenza del settennato di Presidenza della Repubblica (semestre bianco) e del Parlamento, e per l’annunciata rinuncia al Papato da parte del Sommo Pontefice, un fatto unico nella storia della Chiesa Cattolica, che ha stupito il mondo intero. Mi riferisco all’annuncio di Papa Benedetto XVI durante il concistoro ordinario per la canonizzazione dei martiri di Otranto, l’11 febbraio del 2013. Papa Benedetto annunciò ai cardinali presenti di voler liberamente rinunciare al ministero petrino, a partire dal successivo 28 febbraio alle ore 20, a causa dell’età avanzata e delle forze non più adeguate all’esercizio del ministero stesso.
L’Italia ed il semestre bianco. Il 21 dicembre del 2012 Mario Monti, Presidente del Consiglio, rassegna le dimissioni, probabilmente in dissenso col Presidente della Repubblica. Questa forte fibrillazione politica complica maledettamente la vita istituzionale e provoca conseguenze non più gestibili.
Salta ogni possibile accordo per modificare la legge elettorale – il “porcellum” – ed inizia subito la campagna elettorale.
Il 24 e 25 febbraio gli italiani vanno al voto ed i risultati elettorali sono noti.
Il primo dato significativo è stata la partecipazione al voto; circa il 25% degli elettori non è andato a votare: è cresciuta, dunque, l’astensione, testimonianza evidente del disagio dei cittadini e della crescente disaffezione dalla politica.
Il M5S col 25,09% dei voti si è aggiudicato 109 seggi alla Camera e 54 seggi al Senato, realizzando un vero e proprio exploit.
La coalizione vincente alla Camera dei Deputati – “Italia Bene Comune” col 29,53% dei voti si è aggiudicata il premio di maggioranza previsto dalla legge, ma al Senato ha conquistato soltanto 123 dei 315 seggi.
La coalizione di Centrodestra ha ottenuto alla Camera il 29,18% dei voti e 125 seggi, al Senato 117 seggi.
La coalizione “Scelta Civica” ha ottenuto al Senato 18 seggi, mentre alla Camera le due liste “Con Monti per l’Italia” e l’UDC, hanno conseguito, rispettivamente, 37 ed 8 seggi.
Si avvertì subito che si era avverato quello che si era temuto, il risultato c.d. dell’anatra zoppa. In pratica, nessuna coalizione poteva disporre della maggioranza sia al Senato che alla Camera. La coalizione vittoriosa alla Camera “Italia. Bene comune” poteva disporre al Senato soltanto di 123 voti su 315 e, dunque, la formazione del Governo sarebbe stata particolarmente problematica. Né era possibile al Senato formare una maggioranza sommando, casomai, ai seggi del centro-sinistra (123) i 18 seggi aggiudicati alla coalizione “Scelta Civica”. Dunque, il risultato elettorale, al fine di formare il Governo, rendeva arbitro il M5S con i suoi 57 senatori. Il risultato elettorale, inoltre, evidenziava chiaramente come le stesse difficoltà di formazione del Governo si sarebbero riverberate anche sul voto per l’elezione del Presidente della Repubblica.
 

25-4.pngNei fatti è accaduto proprio questo. Sono passati inutilmente i giorni ed ogni tentativo di accordo è naufragato anche a causa della assoluta indisponibilità del M5S di entrare nel gioco democratico. Sono partite, allora, le disperate pressioni sull’uscente Presidente della Repubblica, perché, malgrado la veneranda età e la consolidata prassi di non rielezione del Presidente uscente, accettasse che lo si rieleggesse. Ed è stato così che al 4° scrutinio utile, il primo nel quale l’elezione è possibile col voto favorevole della maggioranza assoluta, con 739 voti su 1008 Giorgio Napolitano è stato rieletto Presidente della Repubblica.
Oggi, a mente serena, è possibile affermare che, a prescindere dalle convinzioni, dalle preferenze e dalle coerenze politiche, una volta eletto il Presidente della Repubblica con i voti determinanti di PD – PDL – Scelta Civica, sarebbe stata inevitabile la nascinascita del Governo di larghe intese.
La politica è passione, è convinzione, è adesione ad ideali e valori, questo è certo. Ma non può mai essere evasione dalla realtà. Voglio dire che in un Parlamento quando le tre maggiori forze presenti monopolizzano il 90% della rappresentanza ed una di esse (il M5S), in maniera pervicace si sottrae al gioco democratico, diviene inevitabile per fare un governo, che le altre due forze si alleino, indipendentemente dal credo politico, dai programmi, dagli impegni con i rispettivi elettori. C’è poco da filosofare, la dura ed incontrovertibile realtà dei numeri per comporre una maggioranza capace di governare è del tutto evidente. A meno che non si voglia praticare la sola alternativa possibile in un sistema democratico e costituzionale, rappresentata dallo scioglimento delle Camere e dal ritorno al voto: una scelta probabilmente impraticabile nel nostro caso, per la presenza di una legge elettorale vergognosa che per via del diverso modo di attribuire il premio di maggioranza (per il Senato a livello delle singole Regioni, per la Camera a livello nazionale), rende possibile, ed è quello che è accaduto, il verificarsi di maggioranze diverse nei due rami del Parlamento. Ripetere subito la votazione con la stessa legge, non avrebbe assicurato affatto, a distanza di così poco tempo, il formarsi di maggioranze dello stesso segno sia al Senato che alla Camera.
Ripetere le elezioni con la stessa legge elettorale, dunque, sarebbe stata una follia ed un incalcolabile rischio di stallo prolungato del sistema istituzionale, tale da compromettere la stabilità del Paese, considerando la reazione che si sarebbe potuta verificare sui mercati internazionali.
E’ stato così che è nato il Governo Letta, sostenuto – nessuno avrebbe potuto neppure immaginarlo – da PD, PDL e Scelta Civica.
E’ stato giusto? Sbagliato? Non doveva accadere? E’ un inciucio? E’ una follia politica? Credo che a secondo dell’angolo visuale da cui osserviamo i fatti, nessuno di questi interrogativi appare senza senso.
Per venirne a capo occorre fare la scelta di cambiare il punto di osservazione dei fatti e schierarsi senza alcuna riserva e senza indulgere a retorica, dalla parte dell’Italia, cioè dalla parte dei cittadini senza lavoro e della crescente disoccupazione femminile e giovanile che mortifica la stessa dignità umana, dalla parte delle famiglie che disperano del futuro, dalla parte degli “ultimi” che secondo recenti dati ISTAT sono prossimi a raggiungere i 4 milioni. Non ci vuole molto a capire che questo è il cuore del problema da risolvere.
25-3.pngIl Governo Letta non lo voleva nessuno, né nessuno mai lo aveva preconizzato: lo ha imposto il risultato elettorale delle elezioni politiche di febbraio, in uno con la indisponibilità democratica del M5S. Non bisogna,tuttavia, perdere tempo, anzi, occorre trovare il modo di valorizzarlo, lavorando lungo le giuste direttrici, capaci di imboccare la strada giusta per uscire, assieme all’Europa, dalla crisi morale, sociale, economica e finanziaria che minaccia da presso il nostro futuro.
L’approdo politico di oggi non è la soluzione del problema; esso sancisce l’esistenza di un “inequivocabile stato di necessità”, proprio per questo sarebbe saggio utilizzare la sua durata per fare le cose fondamentali ed indispensabili, note e declinate da tempo, purtroppo inutilmente. Senza riforme costituzionali ed elettorali condivise, senza buona ed onesta amministrazione, senza buona politica, ricondotta alla realizzazione del bene comune, non si esce dalle difficoltà e dall’emergenza e la latente crisi è destinata ad aggravarsi ulteriormente. Né ci sono alle viste salvatori della Patria, né quello che viviamo è tempo di miracoli.
La rinuncia di Papa Benedetto e l’elezione di Papa Francesco. Ragioni di rinnovata speranza emergono, invece, dall’oltre Tevere.
Mi riferisco alla comunicazione di Papa Benedetto XVI durante il concistoro ordinario per la canonizzazione dei martiri di Otranto, l’11 febbraio del 2013. Papa Benedetto annunciò ai cardinali presenti di voler liberamente rinunciare al ministero petrino, a partire dal successivo 28 febbraio alle ore 20.00, a causa dell’età avanzata e delle forze non più adeguate all’esercizio del ministero stesso. Il mondo intero, dopo quell’annuncio, rimase col fiato sospeso ed in permanente ascolto delle notizie provenienti da Roma.
Come racconta, ormai, la storia di quei giorni, alle ore 17.00 del 12 marzo, dopo il canto del Veni Creator spiritus il maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie pronunciò la tradizionale formula dell’extra omnes, invitando tutti gli estranei a lasciare la Cappella Sistina le cui porte si sono chiuse alle 17.34.
Iniziò così il Concistoro per l’elezione del nuovo Pontefice, mentre l’intero pianeta rimase in ascolto ed ogni fonte di informazione trasmetteva in diretta qualsiasi notizia che riguardasse l’evento storico aperto da Papa Benedetto.
Alle 19.06 del 13 marzo, dopo il quinto scrutinio, dal comignolo della Sistina si levò la fumata bianca, ad annunciare al mondo intero in trepidante attesa, l’elezione del nuovo Pontefice.
Alle 20.12, il cardinale Jean-Louis Tauran, con la tradizionale locuzione Habemus Papam, annunciò l’elezione di Jorge Mario Bergoglio, che scelse il nome di Francesco.
Dopo soli due giorni di conclave, durato appena 25 ore e 32 minuti, la Chiesa Cattolica aveva di nuovo la sua guida spirituale in terra.
Dobbiamo sperare, credenti e non credenti, che questa luce che si irradia dalla Cattedra di Pietro abbia la forza di percorrere il mondo ed illuminare tutti i governanti, oltre che divenire faro di di orientamento per tutti gli uomini di buona volontà, per mare e per terra, di modo che la speranza ed il coraggio necessario per superare le difficoltà presenti e le difficili prove della vita, non siano destinati a morire.

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