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editoriale.gif C’è una diffusa consapevolezza, nel nostro Paese, che la politica, quella che si ispira al pensare politico ed ai valori che lo sorreggono, attraversi un momento di evidente difficoltà. E’ in crisi perché lo scostamento tra il dire ed il fare, che si registra giorno dopo giorno ed a diversi livelli, nazionale, regionale, comunale, è del tutto evidente.
I politici del nostro tempo, anche quelli che vengono da lunghe militanze sociali e partitiche, intrisi, dunque, di ideali e valori che un tempo li indussero a scegliere l’impegno politico come servizio ai cittadini, conoscono questa condizione di grande disagio, segnalata dall’incoerenza tra il dire ed il fare, tra l’essere e l’apparire, in un gioco della menzogna di cui è permeato l’agire politico. Ma sanno anche che per sopravvivere è necessario “pedalare”; insomma, bisogna organizzare le difese prima di tutto, perché con le nuove regole “se non hai i numeri resti fuori dal palazzo” e dal Partito perché non puoi essere “cooptato” (per l’Europa, per l’Italia, per la Calabriaper dirigere un Partito in un Comune, in una Provincia, in una Regione etc.). Parlano di meritocrazia, i politici, quando pensano (ma solo per celia) di promuovere una società migliore, ma per edificare Istituzioni e Partiti migliori, al passo con le esigenze del tempo, non occorrono uomini “capaci di cercare con competenza e rigore morale” soluzioni ai problemi dei cittadini, basta che siano sudditi fedeli, ad oltranza.
Accade così che siccome, grosso modo, ogni anno c’è una scadenza di Partito o elettorale di diverso livello, il tempo, questo tiranno perché è sempre poco, viene pressoché interamente consumato “in difesa” dal nemico, che sempre più spesso vive sotto lo stesso tetto. Accade così che anche nel rapporto con i cittadini, l’agire politico somiglia al grande gioco della menzogna, perché il rapporto risulta viziato dall’interesse per il voto ed il consenso per restare a cavallo, mentre per l’approfondimento dei problemi, per il confronto delle opinioni, per quello che una volta si chiamava esercizio della democrazia e controllo sociale della politica, resta sempre meno spazio.
E’ così al Nord, al Centro e, sventuratamente ancora di più al Sud ed in tutte le formazioni partitiche, perché le regole sono uguali e chi è a cavallo vuole vivere sempre la vita del cavaliere e non accetta per nessuna ragione di essere disarcionato, nemmeno per “anzianità di servizio”.
Così stanno le cose o per dirla in modo più chiaro, in questo momento della vita del Paese, l’agire politico è orfano di valori, di principi e regole condivise, mentre si ritrova ricco soltanto di mera, nuda e cruda gestione del potere per il potere, con le prevedibili, disastrose conseguenze per il Paese e per i cittadini, vuoi sul piano economico che su quello sociale e civile.
E’ per questa ragione, probabilmente per questo allarme rosso sensibilmente percepito, che S.S. Benedetto XVI nell’omelia pronunciata durante la messa celebrata a Cagliari, davanti al Santuario di Nostra Signora di Bonaria, domenica 7 Settembre, ha esortato la Chiesa ed i cattolici a tornare ad “essere capaci di evangelizzare il mondo del lavoro, dell’economia, della politica” che – ha sottolineato il Pontefice – “necessita di una nuova generazione di laici cristiani impegnati, capaci di cercare con competenza e rigore morale soluzioni di sviluppo sostenibile”.
Per qualche giorno, la grande stampa quotidiana si è interrogata sul significato delle parole del Papa che, a taluno, sono sembrate accreditare l’ipotesi della rinascita di un Partito cattolico. In realtà questa preoccupazione l’hanno sicuramente avuta i molti cavalieri a cavallo che animano il parterre della politica, ma dopo qualche giorno la paura è passata. Non era quella la interpretazione corretta da attribuire alla parola del Pontefice, una chiamata al senso di responsabilità ben più vasta e responsabile, diretta a tutti gli uomini di buona volontà, come usa essere la parola che viene da una Autorità che si fa carico degli interessi generali e dei bisogni di tutto il popolo italiano. E’ stata e voleva essere sicuramente una esortazione diretta a quel cattolicesimo democratico, che seppe sapientemente costruire, assieme ad altre culture di grande tradizione e rilievo politico e sociale (quella liberale, quella socialista), la mirabile ed insuperata prima parte della Costituzione della Repubblica Italiana, ma che non risulta facilmente rintracciabile nella organizzazione attuale del sistema politico italiano.
Come cittadini di questo paese, tuttavia, e noi, in particolare, come calabresi inquieti e fortemente preoccupati della degenerazione dell’agire politico, non possiamo non condividere la preoccupazione e la premura del Pontefice che esorta a “cercare con competenza e rigore morale soluzioni di sviluppo sostenibile”.
Questo richiamo potrà anche non riguardarci in qualità di cattolici, se non lo siamo, ma non abbiamo dubbi che esso, considerate le grandi preoccupazioni e le paure che genera la politica di questo momento storico, ci interpella tutti come cittadini e ci stimola a “cercare con competenza e rigore morale soluzioni di sviluppo sostenibile”.

 

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