Anche per l’anno 2011 è possibile scomodare il sostantivo “storico”?
Pare proprio di sì. Lo è sicuramente per l’Italia che celebra il 150° anniversario della sua Unità. Fervono un po’ dovunque sul territorio nazionale iniziative culturali per celebrarlo, ad eccezione di posizioni partigiane abbastanza strumentali e prive di senso, alla luce della Costituzione Italiana, messe in atto per conseguire qualche atteso risultato “politico” (il c.d “federalismo”), immaginando che esso possa avere utilità immediate per alcune Regioni.
Noi siamo convinti che la celebrazione del 150° anniversario possa e debba essere una grande occasione per far emergere una seria analisi capace di illuminarci sul cammino che abbiamo percorso e sui grandi problemi, come la “questione meridionale”; una questione cruciale per l’intero paese, che il tempo trascorso non è riuscito a risolvere, mancando il risultato di unificare la condizione degli italiani, dopo avere realizzato l’Unità d’Italia.
Anche noi, assieme all’Associazione degli ex Parlamentari, abbiamo deciso, come Coordinamento Nazionale delle nostre Associazioni regionali, di assumere una iniziativa congiunta per realizzare, ricordando la spedizione dei mille, “Mille celebrazioni”, nell’intero Paese, che quanto prima lanceremo con una Conferenza stampa a Roma.
Accanto a questa “storica ricorrenza”, che tanto appassiona giustamente i cittadini italiani, l’anno 2011 sarà ricordato per quello che si sta verificando, direttamente sotto i nostri occhi di Meridionali, nella Riviera sud dell’Africa e non solo.

Abbiamo la sensazione e speriamo fervidamente che si tratti veramente del vento della libertà che ha già investito e cambiato la storia di due Stati – Tunisia ed Egitto – travolgendo e costringendo alla fuga i dittatori al Governo. Un vento che nelle ultime settimane ha interessato anche la Libia del dittatore Muammar Gheddafi, che dopo 41 anni di negazione dei diritti umani, ha fatto registrare una sollevazione popolare pacifica che reclama libertà dalla dittatura. Sulla violenta repressione armata che ha fatto seguito alla sommossa popolare che ha conquistato la parte est del Paese e le grandi Città di Bengasi e Misurata, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU è intervenuto con una pesante condanna e l’applicazione di specifiche sanzioni, denunciando il dittatore alla Corte Internazionale dell’Aja per “crimini contro l’umanità”, un reato che ha isolato la Libia nel contesto internazionale. Ancora in questi giorni il mondo occidentale e le Organizzazioni Internazionali si stanno interrogando, per porre fine a quella che potrebbe diventare una cruenta e prolungata guerra civile. Nessuno, nemmeno i servizi di intelligence occidentali,colti di sorpresa dall’esplodere della protesta, sono in grado ancora di stimare dove e quando potrà fermarsi la voglia di libertà che affiora anche nel Medio Oriente e negli stessi Stati Arabi, un’area geografica notoriamente strategica, vuoi per il mantenimento della pace (rapporto Israele/Palestina/Paesi Arabi), vuoi per la cospicua disponibilità di petrolio, da cui dipende lo sviluppo dell’Europa e non solo.
Si tratta di eventi che possono modificare, anche in profondità, i rapporti di forza e le relazioni tra i Paesi dell’intero Mediterraneo ed anche la storia dell’intero Continente Africa. E la domanda che affiora è perché, per quali ragioni tutto questo è accaduto.
Sicuramente osservando e considerando quel che in generale accade nel mondo e nello specifico dell’area Mediterranea, due fenomeni, in particolare, possono e devono attrarre l’attenzione di studiosi ed osservatori di intelligence, per capire cosa in effetti sta accadendo: si tratta anzitutto di valutare la portata della globalizzazione della comunicazione, che assicura la conoscenza immediata di quel che accade su base planetaria, e del venire avanti di nuove generazioni che aspirano ad essere protagoniste del loro futuro, non accontentandosi più di quello che passa il convento.
E’ presto per fare analisi e delineare i nuovi scenari della storia del Mediterraneo e delle popolazioni interessate che su di esso si affacciano.
Ma un augurio, col cuore aperto alla speranza, possiamo farcelo: è l’augurio che si tratti della loro primavera, consapevoli che, se così sarà, anche noi dal Sud Europa della riva Nord del Mediterraneo, sì proprio noi: gli italiani, i meridionali più che ogni altro, dovremo applicarci per capire come accogliere e favorire fino alla loro piena inclusione, l’ ingresso di queste moltitudini nel consesso dei popoli liberi, civili e democratici.
Forse è già tempo di sognare che il Mediterraneo, per la consistenza demografica che hanno i Paesi che lo vivono, recuperi e riesca a riequilibrare la distribuzione della rappresentatività umana sulla terra ed i suoi abitanti avvertano la natura e la dimensione del ruolo che ad essi spetterà di svolgere, sia nella fase dell’essere che in quella del divenire dell’intera umanità. Occorrerà vista lunga, tanto coraggio, e tanta, ma tanta capacità di accoglienza e condivisione del futuro, mettendo al servizio dei popoli dell’area Mediterranea, tutti i valori che hanno generato l’Unione Europea, nata dalla geniale intuizione di tre grandi statisti: Konrad Adenauer, Alcide De Gasperi, Robert Schuman.

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