moneta unica europea – fanno sì che l’attenzione e la preoccupazione di Istituzioni Internazionali, Governi e popoli siano calamitate ed assorbite dalla urgente e speranzosa ricerca di una attenuazione prima e di una risoluzione a seguire, di una contingenza (speriamo!) che, col trascorrere dei giorni, si rivela addirittura come potenzialmente più pericolosa e devastante della peggiore crisi che l’umanità abbia vissuto nel XX secolo: mi riferisco a quella verificatasi nel lontano 1929.
Si riapre, dunque, in una condizione generale di grande fibrillazione, anche nel nostro Paese, che vive una crisi di profonda staticità politica, economica e sociale, a volte allarmante, a momenti anticipatrice di ben altri pericolosi scenari. L’allarme è percepito a livello popolare, ma tarda a manifestarsi, a livello della classe dirigente a partire da quella politica, un reazione forte e consapevole, proporzionale alla gravità del momento.
Non siamo noi, semplici ed umili commentatori di questa profonda insicurezza popolare, a sottolinearne la portata; ben altre penne e ben più consistenti allarmi politici, economici, culturali e sociali si levano da ogni parte della classe dirigente e ad ogni latitudine, a livello internazionale e dentro i singoli Stati. (OC nelle news di questo numero pubblica alcuni interessanti articoli apparsi sulla stampa italiana in Agosto).
La situazione italiana, in questa contingenza storica, dimostra una particolare precarietà; il Paese appare incapace di svolgere appieno, come si richiederebbe al suo “blasone”, un ruolo incisivo e da protagonista, al suo interno, in Europa e nel mondo, e, il Governo, in particolare, si rivela estremamente, acciaccato e distratto com’è da incalzanti interessi non rapportabili a quelli dei cittadini e da insistite pratiche, sul terreno giudiziario, rivolte alla tutela personale dei suoi massimi dirigenti.
Nell’editoriale di Luglio scrivevamo: “C’è di che preoccuparsi, perciò, per la piega che ha preso la situazione del Paese, che oggi risulta grave e bloccata sulla stagnazione e l’inerzia politica. Potremmo anche sbagliarci, e per il bene del Paese possiamo anche augurarcelo, ma se il Paese non è governato, si renderà necessario lavorare in prospettiva per un governo di unità nazionale in grado di guidare con autorevolezza l’uscita dalla grave crisi economico-sociale, testimoniata dalla pesantezza della manovra, chiamando a raccolta l’intera comunità nazionale.
Nella condizione attuale, la manovra può essere servita a scongiurare il default, ma il domani, bisogna esserne consapevoli, resta una incognita destinata a creare allarme e panico, oggi nelle famiglie, domani nelle imprese, domani l’altro nell’intera società civile. I segnali che vengono dall’esterno del Palazzo e che i cittadini democraticamente propongono all’attenzione generale, sono abbastanza eloquenti; coglierli, ed agire di conseguenza per tempo, è un dovere costituzionale e politico, oltre che una precisa responsabilità, che compete all’intera classe dirigente di questo Paese.”
A questo possiamo aggiungere soltanto che il Governo è anche insensibile al “grido di dolore” che sale in maniera crescente e diffusa dalla classe dirigente del Paese, in questi giorni soprattutto dal mondo imprenditoriale e dal Sindacato, di evitare il disastro, rivolto a chi sarebbe propenso, forse, a praticare la strada del “muoia Sansone con tutti i filistei”, incurante delle gravi conseguenze che possono ricadere sull’intero popolo italiano. Come scrivevamo a Luglio possiamo avere evitato il default, seppure con una manovra iniqua, ma solo temporaneamente.
Il futuro che si preannuncia volge al peggio, specie se dovesse perpetuarsi questo andazzo di cose. E’ dunque arrivato il tempo delle difficili e sofferte decisioni, per salvare il salvabile, prima che la situazione precipiti nell’ingovernabilità e nel dissesto. Chi ha maggiori responsabilità ha maggiori doveri verso il Paese e verso gli italiani.
Non è lecito e non deve essere consentito a nessuno di invocare la sovranità popolare per legittimare una strisciante scissione. E’ possibile, invece, anzi dovuto costituzionalmente oltre che democratico, pretenderla, per stabilire dove deve andare il Paese e da chi deve essere governato, nel rispetto della Costituzione Repubblicana.
la Redazione