Il Governo Monti si è lasciati alle spalle i primi cento giorni di vita e l’orizzonte si è rasserenato, anche se la paura è dietro l’angolo, poiché nell’era della globalizzazione l’Europa fa ancora fatica a ritrovare il passo giusto per tenere a bada i debiti sovrani accumulati dai diversi Stati, l’Italia tra questi, in decenni di finanza piuttosto allegra.
Cosa vuol dire tutto questo?
Vuol dire, anzitutto, almeno per il nostro Paese, che sia cessata l’angoscia quotidiana, ma che non occorre commettere l’errore di pensare che sia superata la crisi e che, dunque, è possibile ricominciare come prima, come se nulla fosse accaduto.
I sacrifici chiesti agli italiani non sono finiti ed un numero crescente di famiglie fatica a sbarcare il lunario, così come un numero crescente di piccole imprese rischiano la chiusura ed i lavoratori il posto di lavoro.
Occorreranno tanti anni virtuosi, tanta continuità di governo della finanza e dell’economia, per superare la prova che era e rimane ardua, se è vero che le previsioni di uscita dalla crisi non sono ancora note, né ci sono stime attendibili. Si naviga a vista? No, questo no. C’è la percezione che il passo impresso all’azione di governo è quello giusto per fare fronte alle gravi difficoltà in cui il Paese si è cacciato, come attestano i crescenti e diffusi riconoscimenti europei ed internazionali; che il tempo corre veloce, è vero, ma che il suo cadenzato procedere segnala e consente di percepire sempre più nitida la linea dell’orizzonte, seppure ancora lontana, che segnala, tuttavia, il porto di approdo per raggiungere l’agognata meta.
L’anno 2013 è il primo appuntamento col futuro. In quell’anno, verificheremo il raggiungimento degli obiettivi mirati con i provvedimenti legislativi adottati e con l’azione di governo messa in campo nei primi cento giorni. Se gli obiettivi prefissati saranno raggiunti, senza la necessità di adottare ulteriori manovre in corso d’opera, l’Italia avrà posto una pietra miliare sul cammino per costruire un futuro al riparo da brutte sorprese e, dunque, avrà realizzato i presupposti necessari per creare nuova ricchezza e dare concrete risposte alle domande che arrivano dalla società, in particolare dalle nuove generazioni.

Insomma, Governo e Parlamento stanno lavorando per mettere mano alla riduzione del pesante debito pubblico (1900 miliardi di €uro), proprio per non lasciare al futuro la pesante eredità rappresentata dagli interessi passivi, che comportano per il Bilancio dello Stato, una spesa annua di circa 70 miliardi. La pesantezza della crisi è raffigurata da queste cifre che non potranno diminuire di molto, né nel breve, né nel medio periodo e dalla condizione di recessione dell’economia, che ormai, viene evidenziata sia a livello dell’Italia che dell’Unione Europea.
Superato l’estremo pericolo del fallimento dell’Italia, come testimonia l’andamento dello spread tra Bond italiani e Bund tedeschi, ora, dopo la corsa della vita dei primi 100 giorni per scongiurare il pericolo, di cui va dato merito al Governo Monti ed alle forze politiche che lo sostengono in Parlamento, è possibile fare qualche riflessione d’obbligo sulle più stringenti azioni da promuovere per proseguire il virtuoso cammino appena intrapreso.
Pare scontato, ormai, che questo Governo chiuderà la legislatura (Aprile 2013), anche se la tornata elettorale amministrativa dei prossimi mesi costituisce uno scoglio non secondario da superare. I tempi elettorali nella nostra ancora giovane democrazia, infatti, sono da considerare tempi sismici, perché il sistema politico italiano appare ancora più assillato dalla domanda chi comanda in questo Paese?
piuttosto che dall’interrogativo responsabile: come governiamo, indipendentemente dai ruoli che l’elettorato assegna alle diverse parti politico/partitiche, e come costruiamo, assieme, il futuro dell’Italia.
Il tempo che ci separa dalle prossime elezioni generali, pertanto, dovrà, necessariamente, essere un tempo di intenso, efficace e virtuoso lavoro, sia per il Governo che per il sistema democratico.
Occorre, infatti, in così poco tempo (12 mesi), progettare e perseguire la realizzazione di due obiettivi di grande significato per il futuro dell’Italia e delle sue nuove generazioni:
1. Il primo di essi non potrà non riguardare un impegno corale di Governo e parti sociali, Stato e Regioni, per progettare la crescita e lo sviluppo dell’economia e la concomitante soddisfazione, seppur graduale, della grande domanda di lavoro dei giovani (quella femminile, in particolare), con una particolare attenzione per i territori più svantaggiati, avendo ben presente il principio ispiratore della coesione territoriale e sociale;
2. Il secondo avrà come tema la modernizzazione del sistema democratico, finalmente riformato (legge elettorale – riforme istituzionali – diminuzione dei costi della democrazia), emendato dalla dilagante piaga della corruzione-concussione; con un ritorno della buona politica, quella onesta e virtuosa, ispirata ai grandi valori contenuti nella Carta Costituzionale della Repubblica e mirata al servizio del bene comune; affrancata dalla
perversa influenza dei poteri occulti e criminali, dagli imperanti egoismi di cricche, di casta, di potentati, di corporazioni e di territori, che hanno devastato la seconda Repubblica e che minacciano di compromettere il solidale e coeso procedere del futuro dell’intero Paese.
Un terzo obiettivo da perseguire, che fa riferimento ai più volte richiamati valori del bene comune e dell’equità dell’azione politica, è costituito dal perseguimento di due obiettivi concreti:
• quello di ridurre, quanto prima possibile, i grandi sacrifici richiesti alle classi più bisognose dei cittadini ed alle piccole e medie imprese, abbassando la pressione fiscale che riguarda i contribuenti virtuosi;
• quello di utilizzare parte dei proventi della lotta all’evasione fiscale, della spending review e della alienazione di parte del patrimonio pubblico, per avviare una incisiva, sistematica ed efficace azione di riduzione del pesante debito pubblico.
Si tratta, evidentemente, di obiettivi facili da enunciare, ma che sicuramente costituiscono il merito concreto della scommessa che Stato e cittadini devono affrontare, per restituire all’Italia, dopo averla salvata dal pericolo del fallimento, dignità e prestigio europeo ed internazionale e, dunque, un ruolo di compartecipe faro di civiltà nel Mediterraneo e nel mondo, rinverdendo e ripercorrendo le tradizioni espresse nel corso della sua millenaria storia.
Proprio questa aspirazione, questa mission non impossibile, richiama la avvertita e profonda necessità di riabilitare e rigenerare la politica, che attraversa, probabilmente, il periodo più buio e disorganizzato della storia repubblicana, segnalato dalla disaffezione e dalla avversione dei cittadini verso i Partiti politici (il tasso di astensione dal voto misurato dai diversi sondaggi supera il 40% dell’elettorato). Da qui l’avvio della riflessione, attenta e responsabile, sul dopo Monti. Si tratta di una riflessione a tutto campo, sapendo che non potrà essere un “ritorno all’antico”, ma, piuttosto, di una rivoluzione profonda, capace di mettere in campo processi di modernizzazione e consapevole riabilitazione della politica, mettendo in campo le virtù e dichiarando guerra senza tregua ai vizi ed ai mondi che li hanno generati, che hanno compromesso l’immagine e la funzione storica dell’Italia, in Europa e nel mondo, che Mario Monti, con decisione ed evidente impegno, sta tentando di ricostruire, in questa brevissima parentesi di tregua armata del sistema politico italiano.
Dovremmo aver percepito tutti, insomma, che stiamo vivendo la vigilia di un decisivo passaggio della storia politica dell’Italia e dell’Europa e che, qui ed ora, dobbiamo dare fondo all’italica virtù. L’impresa è titanica, ma occorre credere che la sfida è alta e che dal suo esito dipensono il fuituro dell’Italia e dell’Europa. Non sembri strano e superfluo ricordare, che proprio in questi giorni, questo ruolo di motore della rinascita, parlando del nostro Paese, viene richiesto sia a Washington che a Bruxelles.
Ci viene chiesto, insomma, di salvare l’Italia anche per contribuire, come è nostro preciso dovere di socio fondatore, di salvare l’Europa.
Ma sul “dopo Monti”, ci intratterremo nel prossimo numero della nostra Agenzia, perché vogliamo essere certi che le nubi oggi all’orizzonte si dileguino, senza lasciare traccia.

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